Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
Esistono date che non possono passare sotto silenzio: da 65 anni il 4 Maggio è il giorno del Grande Torino.
Tanti sono gli anni trascorsi da quel tetro pomeriggio del 1949, quando la squadra di calcio più forte e amata di sempre, scomparve nell’incidente aereo di Superga.
Da appassionata di Storia e del Torino, mi unisco alle commemorazioni che anche quest’anno la rete dedica agli “Invincibili“, ad ulteriore dimostrazione, semmai ce ne fosse stato bisogno, dell’affetto e della stima che questi atleti, ragazzi normali con vite normali, ma campioni dentro e fuori dal campo, seppero instaurare con la gente, che oggi come allora, continua a rendere loro l’onore che meritano.
Poiché sul Grande Torino sono stati versati fiumi di inchiostro, poiché tutto è noto da decenni sulle vittorie, i record e i trofei di questa squadra indimenticabile di cui conosciamo a memoria la formazione fin dall’asilo, non potendo aggiungere nulla di nuovo a parte ribadire per essa il mio smisurato amore di tifosa, quest’anno ho deciso di celebrarne il ricordo con il post che scrissi nella medesima occasione nel 2010 per il network notizie.it.
E per chi ha deciso di commuoversi fino in fondo, ho aggiunto un video con immagini di repertorio, dove i giocatori del Grande Torino appaiono felici e sorridenti, proprio come ci piace pensarli e immaginarli ancora.
Concludo la mia premessa citando testualmente il titolo di uno speciale che la rivista Lo sport illustrato dedicò a Mazzola e compagni pochi giorni dopo la tragedia, in quanto riflette pienamente il mio pensiero:
“Il Torino vivrà”
4 Maggio 1949
Il 4 Maggio del 1949, la città di Torino era avvolta da una fitta nebbia e battuta da una pioggia sottile ed incessante che non le lasciava tregua.
Il cielo era plumbeo, l’aria cupa, e nonostante la primavera inoltrata, un vento gelido spazzava le strade e contribuiva a rendere quella giornata particolarmente umida ed uggiosa.
Alle 17.05 del pomeriggio, improvvisamente, un boato dal rumore spaventoso scosse il capoluogo piemontese e le zone circostanti.
A Superga, un piccolo aereoplano trimotore FIAT 212 delle aviolinee italiane, si era appena schiantato contro il muraglione del terrapieno posteriore della splendida Basilica che domina la collina torinese.
Quell’aereo, che rubò all’Italia e agli italiani il suo più bel simbolo sportivo di sempre, riportava a casa i giocatori del Torino, reduci da un incontro amichevole disputato a Lisbona contro il Benfica.
Il giocatore Josè Ferreira, che terminava la carriera agonistica, aveva scelto, per concludere nel miglior modo possibile, la squadra di calcio più forte ed amata di quegli anni, e non solo nel Belpaese.
“Quel” Torino, che da quel giorno sarebbe diventato per tutti e per sempre “Il Grande Torino“, era considerato un team imbattibile.
Stiamo parlando di una macchina da goal impressionante, atleticamente preparatissima, dalla carica umana e sportiva irripetibile, che per quasi tutti gli anni ’40 aveva dominato la scena senza lasciar spazio a nessun altro, macinando vittorie su vittorie, senza mai perdere un incontro in casa, stabilendo record ancora imbattuti dopo decenni, arrivando a vincere cinque titoli nazionali consecutivi.
Le reazioni in Italia e nel mondo
L’ incidente, come è ovvio, scosse profondamente il mondo sportivo ma anche quello civile, addolorò tifosi e appassionati, ma anche persone che non avevano mai assistito ad una partita in vita loro, tolse crudelmente e beffardamente ad un’ Italia martoriata dalle piaghe della guerra e dalle macerie, il suo simbolo più gioioso, l’immagine più forte, gagliarda e valorosa che potesse offrire al mondo in quegli anni bui e pieni di angosce.
Perché il Grande Torino non era solo una squadra di calcio, ma il fiore all’occhiello di una Nazione stanca e indebolita da vicissitudini interne ed esterne che ne avevano fortemente minato la sicurezza e la stabilità politica, economica e civile, finendo per demotivare ed abbattere psicologicamente e praticamente una popolazione costretta a sofferenze e sacrifici quotidiani e continui.
I campioni del Torino, giovani, coraggiosi, sempre vincenti, con la loro aria di ragazzi della porta accanto, semplici e sorridenti, così lontani dai “divi” viziati e miliardari dello sport di oggi, costituivano una “via di fuga” addirittura necessaria per dimenticare, anche solo per ’90 minuti, i problemi di tutti i giorni.
Al tempo stesso, in modo amplificato e consequenzialmente naturale, il Grande Torino costituiva il simbolo tangibile, evidente e vivente di un Paese, che nonostante le difficoltà, non aveva alcuna voglia o intenzione di cedere o arrendersi, e che anzi, proprio da quel gruppo di invincibili, traeva la forza per rimboccarsi le maniche e trovava la speranza necessaria per la propria ricostruzione materiale e morale.
Si può pertanto immaginare l’impatto emotivo devastante che l’incidente provocò tra la gente comune e gli addetti ai lavori, la commozione e il rimpianto lasciato da quegli “eroi” normali e genuini che erano soliti camminare per le vie del centro firmando autografi, che parlavano per strada con i tifosi che li fermavano, che andavano a cena nei ristoranti cittadini con gli avversari della Juventus dopo averli battuti nel derby, senza clamori o atteggiamenti da superstar, protagonisti di uno sport e di un mondo ormai lontani e definitivamente scomparsi.
La leggenda del Grande Torino continua…
E’ doveroso ricordare i nomi delle sfortunate vittime, 31 in tutto: i calciatori Bacigalupo, Dino e Aldo Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Shubert, i dirigenti Agnisetta, Civalleri e Bonaiuti, gli allenatori Egri Erbstein, Lievesley e Cortina, i giornalisti Casalbore, Tosatti e Cavallero, i membri dell’equipaggio Meroni, D’Inca, Biancardi e Pangrazi.
Le cause del disastro non furono mai chiarite.
L’ipotesi più accreditata, a tutt’oggi, è che il pilota sia stato tradito dalle pessime condizioni atmosferiche che non consentivano una sufficiente visibilità.
Fra i rottami dell’aereo inoltre, fu rinvenuto l’altimetro bloccato a quota 3000 mt. circa, da ciò la teoria che si fosse rotto inducendo in errore il pilota, convinto di trovarsi a quell’altezza e impossibilitato ad accorgersi che in realtà stava volando pericolosamente molto più in basso.
La tragedia di Superga cancellò in pochi, terrificanti secondi la squadra del Torino portandola via da questo mondo, per trasportarla nella dimensione più elevata e nobile della “Leggenda“.
Mai più esisterà vicenda o espressione sportiva capace di suscitare quelle emozioni e quelle vibrazioni dell’anima che continuano ad appartenere solo al Grande Torino e al suo inestinguibile ricordo (Da notizie.it, “La tragedia di Superga e il mito del Grande Torino”, di Maria Paola Macioci, 5 Maggio 2010) (Foto da: toronews.net, storiedicalcio.altervista.org e ilpost.it (Video da youtube.it )
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