Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
L’importanza del vino nell’ambito della gastronomia e della convivialità dell’Antica Roma è nota, meno nota è probabilmente la modalità abituale con cui esso veniva consumato, ovvero diluito con acqua.
I vitigni dell’epoca producevano uve e quindi vini dal sapore molto aspro, pertanto l’aggiunta di acqua si rendeva indispensabile per addolcirli e stemperarne l’eccessiva ruvidezza.
Oltre al vino classico, molto apprezzati dai romani erano i cosiddetti vini aromatici, in particolare il mulsum, che si caratterizzava per l’aggiunta di un generosa quantità di miele sapientemente dosato.
Come in ogni società e in qualsiasi epoca, anche a Roma esistevano vini pregiati e altri di qualità scadente, i primi, più costosi, riservati ai benestanti, i secondi al popolo minuto, costretto, per ovvie ragioni economiche, a privilegiare la quantità sulla qualità; tra le bevande peggiori c’era la loira, un succo derivato dalla macerazione in acqua delle vinacce già spremute, bevuto quasi esclusivamente da operai e addetti ai lavori pesanti.
Agli schiavi, che come è noto erano privi di ogni diritto e considerati alla stregua di oggetti della cui proprietà si poteva disporre a piacimento, veniva riservata una bevanda di infimo sapore ricavata da mosto, aceto e aggiunta di acqua dolce.
Abbastanza singolare infine, era l’uso che i romani facevano della birra, la quale, considerata non troppo pregiata, veniva consumata abitualmente non solo dai poveri, ma anche dai bambini (Foto da: beniculturali.it).
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