Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
La pena di morte nell’Antica Roma veniva applicata con inaudita ferocia e con assoluta regolarità: difficilmente chi violava le leggi statali o divine riusciva a trovare scampo.
Il campionario di supplizi previsto in caso di gravi reati era roba da far accapponare la pelle solo a pensarci: fuoco, acqua o pietre, ogni mezzo era lecito per infliggere al reo la giusta punizione, fra le quali una delle più strazianti e crudeli in assoluto era la cosiddetta damnatio ad bestias, che consisteva nel far divorare vivi i malcapitati da bestie feroci.
Introdotta nel II secolo a.C, la damnatio ad bestias era considerata una delle pene più scenografiche e belle a vedersi, tanto da riuscire sempre ad interessare un folto pubblico, che per non perdersi lo spettaccolo accorreva in massa presso l’anfiteatro, dove il condannato, di lì a poco, sarebbe stato orrendamente massacrato da leoni e tigri.
Era questa la forma di condanna a morte prevista per gli schiavi ribelli, che spesso si arrendevano ad un infarto fulmineo dovuto al terrore, prima ancora di venire dilaniati dagli animali (Foto da: wikipedia.org).
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