Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
Nell’Europa tra il ‘500 e il ‘600 il bucato costituiva un momento importante e piuttosto frequente delle normali pratiche igieniche, un’incombenza di cui si occupavano le donne di casa o le lavandaie specializzate.
In ogni caso si trattava di un lavoro faticoso, quasi sempre svolto presso le fontane pubbliche o vicino ai corsi d’acqua, utilizzando varie tecniche per lavare e smacchiare gli indumenti.
Ammoniaca, crusca, oli di diversa provenienza, succo di limone, allume e pietra di Troyes erano le sostanze più utilizzate per smacchiare, mentre il bucato vero e proprio si faceva con la cenere, dal potere naturalmente disinfettante, e con l’urina, come nelle epoche più remote; per quanto possa far senso oggi, i panni venivano pure lasciati in ammollo direttamente nell’urina o in acqua e letame (!!), ma riutilizzati, ovviamente, solo dopo un abbondante e scrupoloso risciacquo.
Il sapone, assai costoso fino al ‘600, si diffuse su larga scala soltanto nella seconda metà del ‘700 (https://www.pilloledistoria.it//2853/storia-moderna/come-ci-si-lavava-come-si-faceva-bucato-nellantichita-sapone).
A volte i vestiti venivano puliti strofinandoli o battendoli con i piedi dentro le tinozze, tecnica molto in voga tra le donne irlandesi (Foto da: georgianagarden.blogspot.it).
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