Una cucina italiana del 4/500 circa

Una cucina italiana del 4/500 circa

Anche la cucina italiana, così come accadde per ogni altro aspetto della società, conobbe nel Rinascimento un momento di grande rinnovamento ideale e pratico, che la condusse in breve tempo a trasformarsi in uno degli aspetti culturali del nostro Paese fra i più apprezzati nel resto d’Europa.

La svolta, ovvero il passaggio dal Medioevo al Rinascimento in ambito gastronomico, fu segnata dalla pubblicazione nel 1465 del Libro de arte coquinaria, opera del grande chef  comasco Martino de’ Rossi, più noto come Maestro Martino.

Il testo, in lingua volgare, si rivolgeva a tutti, cui forniva ricette accompagnate da spiegazioni dettagliate e precise; un aspetto divertente del libro, almeno a guardarlo con gli occhi di oggi, era l’espediente utilizzato dall’autore per indicare i tempi di cottura alle persone che non possedevano in casa un orologio, alle quali consigliava di regolarsi in base alla lunghezza delle preghiere.

Il successo del ricettario fu enorme, tanto da essere utilizzato per quasi tutto il ‘600, ma la sua diffusione avvenne in gran parte grazie a Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, discepolo di Maestro Martino e da molti storici considerato il più grande cuoco del Rinascimento.

Per il suo De honesta voluptade et valetudine, il primo ricettario stampato (la stampa è un’invenzione che risale, appunto, alla metà del ‘400), il Platina si rifece proprio alla precedente opera di Martino; scritto il latino, dato l’enorme successo, il testo fu in seguito tradotto in volgare e si diffuse in tutta Europa.

Il ‘500 fu un secolo incredibilmente fecondo dal punto di vista dell’arte gastronomica, che vide l’affermazione di alcuni dei più grandi cuochi italiani di sempre, ovvero Cristoforo da Messisbugochef, scalco e autore di Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale (1549),  il Panunto, al secolo Domenico Romoli, che scrisse la Singolar dottrina (1560), una specie di enciclopedia del sapere culinario, e Bartolomeo Scappi, forse il più innovativo dei tre, tutti esponenti dell’allora fiorente cultura gastronomica veneziana, che all’epoca era divenuta la più importante d’Italia.

Prima edizione di "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" (1891) di Pellegrino Artusi

Prima edizione di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891) di Pellegrino Artusi

Del manuale di Scappi, rinomato cuoco papale, dal titolo Opera dell’arte di cucinare (1570), colpisce soprattutto la modernità di alcuni principi di dietetica che vi si affermano e l’efficacia di alcune novità che troveranno largo impiego nei secoli successivi, come la tecnica per impanare e per infarinare i cibi, pressoché identica a quella odierna.

Dopo il profondo rinnovamento cinquecentesco, la cucina italiana non subì significative variazioni fino al 1766, anno della pubblicazione del libro Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi, che causò l’inizio di quella lotta all’ultimo piatto tra Italia e Francia protrattasi per decenni, che vide entrambe le Nazioni coinvolgersi liberamente in una serrata competizione per aggiudicarsi il primato europeo in campo gastronomico.

Tuttavia, prima che in Italia venga di nuovo dato alle stampe un libro di cucina realmente competitivo e di rilievo, si dovrà aspettare fino al 1891, quando uscì La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, ben 790 ricette spiegate punto per punto, con dovizia di particolari e con un linguaggio moderno ed accattivante.

L’Artusi, come viene comunemente abbreviato, grazie alle continue riedizioni, che ne hanno aggiornato i contenuti nel rispetto dei principi della scienza dietetica attuale, continua a riscuotere a tutt’oggi un notevole successo (Foto da: versiliamedicea.com e pellegrinoartusi.it).

 

 

 

 

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About the Author: Maria Paola Macioci